Una delle conseguenze più inaspettate della crisi è stato l’abbandono delle grandi città. A determinarlo è stata una reazione a catena: il lockdown ha reso indispensabile il lavoro da remoto, che a sua volta ha reso superfluo, per molti, il vivere in città. È ormai un fatto noto, per esempio, che le compagnie di traslochi di New York abbiano fatto affari d’oro, grazie a un esodo in massa di professionisti che lavorano nella grande mela, ma hanno scelto di collocare i propri home office nelle zone rurali del vicino New Jersey, dove il costo della vita è decisamente inferiore, a fronte di una qualità assai più alta. Stiamo quindi scoprendo che moltissimi abitanti delle metropoli, potendo scegliere, preferirebbero davvero vivere in campagna. Che cosa differenzia davvero questi due stili di vita e che tipo di persona tende a scegliere l’uno piuttosto che l’altro?
I vantaggi di vivere in campagna: il contatto con la natura ci aiuta a regolare i nostri ritmi
Sembra una banalità, eppure
respirare aria pulita è davvero uno dei principali vantaggi del vivere in campagna. Per molti può fare la differenza in termini di
salute fisica e mentale, soprattutto per chi trova difficile ritagliarsi i propri spazi all’interno di un ambiente frenetico. Negli ultimi anni sono stati pubblicati migliaia di articoli su come
recuperare l’equilibrio fra lavoro e vita privata e quasi tutti consigliano di adottare abitudini volte a
riprendere il controllo del proprio tempo. Dalla meditazione allo yoga, dalle passeggiate nel parco alla “disintossicazione dalla tecnologia”: gli esseri umani immersi nel ritmo degli spazi metropolitani esprimono un bisogno costante di riscoprire la
solitudine, di riprendere il
contatto con la natura e di imparare ad
ascoltare il proprio corpo e la propria mente. Molti professionisti che, grazie alla rapida diffusione dell’home office, hanno potuto abbandonare i grandi centri per andare a vivere in campagna hanno iniziato a godere di questi benefici regolarmente e non sembrano interessati, per il momento, a tornare alla “vecchia” normalità.
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I vantaggi di vivere in città: socialità, diversità e stimoli culturali
La letteratura e la cinematografia sono ricche di personaggi che, trasportati fuori dal proprio contesto urbano, si sentono persi. Basti pensare a tutti i film nei quali Woody Allen professava il proprio amore per New York e la propria incapacità di resistere anche pochissimo tempo lontano da Manhattan. Non tutti gli “animali metropolitani” sono così estremi, ma è innegabile che ci siano moltissime persone per le quali l’ipotesi di andare a vivere in campagna è tutt’altro che rilassante o rassicurante. Chi ama gli
intrattenimenti culturali dal vivo, per esempio, difficilmente troverà in un piccolo villaggio in collina la medesima offerta in termini di cinema, teatro, mostre o concerti. Oltre all’aggregazione e al tempo libero, inoltre, la città presenta innegabili
vantaggi pratici. Chi non guida, per esempio, è assai meno penalizzato in una grande capitale che non in un paesino di campagna. Nella maggior parte delle città è possibile
spostarsi agevolmente a piedi, in bicicletta o con il trasporto pubblico, laddove le distanze in campagna possono essere invece proibitive e richiedere l’utilizzo dell’auto per fare acquisti o per qualsiasi altra attività che non si possa svolgere in casa. Da ultimo, non bisogna dimenticare che l’ambiente urbano è spesso un
connettore indispensabile per chi ha problemi particolari, per le persone disabili o per chi ha una malattia cronica: la raggiungibilità di strutture sanitarie e il lavoro costante sulle barriere architettoniche possono fare la differenza fra una vita piena e integrata, in tutta sicurezza, e una condizione di isolamento che impedisce agli individui di essere parte del tessuto sociale.
Ridistribuzione delle risorse economiche
L’esodo verso la campagna ha anche un altro scopo, ovviamente: in vista di una crisi che non si preannuncia né breve né semplice da risolvere, molti scelgono di spostarsi in zone dal
costo della vita più basso,
per risparmiare risorse in un momento in cui gli introiti di professionisti e aziende si sono ridotti drasticamente. Anche chi non ha perso il lavoro né ha subito un reale contraccolpo economico, potendo, sceglie di
risparmiare per prevenire difficoltà future (come la chiusura dell’azienda o la perdita di clienti importanti). Se proiettiamo questa situazione in una prospettiva futura media o lunga, nella quale la crisi sarà rientrata, ma l’
home office si sarà diffuso e sarà accettato in modo stabile. A parità di impiego e di introito, un nutrito gruppo di professionisti si troverà ad affrontare un costo della vita più basso e quindi ad avere una maggiore disponibilità economica. Che impatto avrà questa situazione sui consumi e quindi sull’economia in generale? In quali ambiti verranno investite queste risorse? Al momento si possono fare solo ipotesi, ma è facile prevedere che questo sarà uno dei temi più interessanti da discutere nel nostro prossimo futuro.